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Ponti, Giovanni.

(detto Giò). Architetto e designer italiano. Dopo essersi laureato al politecnico di Milano (1921), iniziò la sua attività nell'ambito del Neoclassicismo di G. Muzio svolgendo un'importante opera di rinnovamento nel campo dell'arredamento e delle arti decorative. Nei primi anni fu anche consulente artistico delle manifatture ceramiche Richard-Ginori (1923-38). Tra le sue prime opere ricordiamo: la palazzina in via Randaccio a Milano (1924-26) e il monumento ai caduti, vicino ai chiostri di Sant'Ambrogio (1928), in collaborazione con alcuni esponenti del Novecento milanese. Negli anni Trenta si interessò al Razionalismo, rielaborandone personalmente le tematiche, e realizzò alcune delle sue opere più significative: a Roma l'Istituto di matematica dell'università (1935); a Milano, la casa a torre sui bastioni di Porta Venezia (1932, insieme a Lancia), la metallica torre littoria al Parco (1933, insieme a Chiodi), le "case tipiche" in via De Togni (1931-36), il palazzo della Montecatini (1938-39); a Padova la facoltà di Lettere e il rettorato dell'università (1934-37). Nel 1952 si associò nello studio Ponti-Fornaroli-Rosselli e indirizzò la sua ricerca formale verso il dissolvimento del volume architettonico (superfici traforate) oltre a confrontarsi con i modi dell'International Style. A questi anni appartengono opere quali: a Milano, il secondo palazzo della Montecatini (1951), le case del quartiere Harar (1951), il grattacielo Pirelli, a pianta esagonale, realizzato in cemento armato con finiture esterne in ferro e vetro (1955, in collaborazione con A. Fornaroli, A. Rosselli e altri); a Roma, il palazzo della Philips (1960). A queste vanno aggiunte le opere realizzate all'estero: dall'Istituto italiano di cultura a Stoccolma (1953), all'Auditorium del Time and Life Building a New York (1959), dal Pakistan House Hotel di Islamabād (1962) alla facciata dei grandi magazzini Shui-Hing a Hong Kong (1961-63); dalle facciate dei grandi magazzini Bijenkorf a Eindhoven (1966-69) al Museo d'arte di Denver in Colorado (1972). P. si occupò con impegno costante delle Triennali milanesi (la V venne poi chiamata Triennale di P.), aprendole ai giovani architetti razionalisti che furono tra gli esponenti più rappresentativi del Movimento moderno italiano. Infine non va dimenticata la sua opera di pubblicista: fondò e diresse le riviste "Domus" (1928-40; 1948-79) e "Stile" (1941-47), scrisse numerosi articoli e pubblicò La casa italiana (1933), Amate l'architettura (1957) e Nuvole sono immagini (1968) (Milano 1891-1979).